Roma, città eterna, è un luogo di storia millenaria.Tra le sue meraviglie architettoniche e i suoi vicoli pieni di fascino si celano testimonianze di coraggio e umanità straordinaria. Le Case di Vita, riconosciute dalla Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, sono luoghi fisici che durante la Seconda Guerra Mondiale offrirono rifugio e speranza a chi fuggiva dalla persecuzione nazista.
Ecco un pellegrinaggio unico tra queste dimore della memoria del bene. Un viaggio spirituale e storico, che celebra la solidarietà e l’altruismo in un’epoca di tenebre.
Che cosa sono le Case di Vita?
Le Case di Vita sono luoghi che, durante i genocidi e le persecuzioni, hanno rappresentato un faro di luce nell’oscurità. Grazie al programma Houses of Life della Fondazione Raoul Wallenberg, questi siti sono stati identificati, studiati e riconosciuti come testimonianze di coraggio civile. A Roma, oltre 200 luoghi sono stati individuati: monasteri, conventi, ospedali, scuole e case private, dove uomini e donne hanno rischiato la vita per proteggere i perseguitati.
Ogni Casa di Vita è segnalata da una targa commemorativa, un invito visibile a riflettere sul valore della solidarietà umana.
Inseguendo la memoria del Bene
- La Curia Generalizia dei Frati Minori Cappuccini
Luogo: Via Piemonte, 70
La Curia Generalizia dei Cappuccini a Roma è stata dichiarata Casa di Vita dalla Fondazione Raoul Wallenberg, in riconoscimento al coraggio di padre Marie Benoît, che durante l’occupazione nazista salvò oltre 4.000 ebrei in Francia e in Italia. Grazie alla sua leadership e alla collaborazione di frati, suore e laici, la Curia divenne un centro operativo per l’assistenza a profughi e perseguitati, fornendo documenti falsi, rifugi sicuri e aiuti per raggiungere le linee alleate. Il profondo legame di padre Marie Benoît con la comunità ebraica si manifestò durante le retate naziste, quando gli furono affidate le chiavi della sinagoga di Roma, che egli stesso riaprì dopo la liberazione nel giugno 1944.
Le sue azioni eroiche portarono rischi enormi. L’ufficio del frate fu perquisito diverse volte e, nonostante fosse costretto alla clandestinità, la sua opera di salvataggio continuò senza sosta. Il suo rispetto per ogni religione lo portò a difendere la dignità degli ebrei senza tentare conversioni forzate, guadagnandosi il titolo di Giusto tra le Nazioni nel 1966. Dopo la guerra, la comunità ebraica di Roma organizzò una cerimonia ufficiale nella sinagoga per onorare il suo impegno, e negli anni successivi la sua figura venne celebrata anche da personalità come il presidente americano Lyndon Johnson, che lo definì un esempio per la protezione dei diritti civili. La targa apposta nella facciata esterna dell’edificio, onora non solo il suo eroismo, ma anche la rete di supporto creata dai frati cappuccini.
- Casa della famiglia Staderini
Luogo: Via Nicotera, 4
Questa è l’unica casa privata del nostro pellegrinaggio. Qui Fausto Staderini, ingegnere e titolare di una tipografia, e sua moglie Bice Gilardoni decisero di rischiare tutto per aiutare i loro amici Elvira Perugia Campagnano e la sua famiglia, offrendo rifugio ai piccoli Bianca e Marcello, salvandoli dalla furia nazista e integrandoli nella loro già numerosa famiglia.
La quotidianità in casa Staderini cambiò radicalmente: i sei figli della coppia accolsero con amore i nuovi arrivati, rispettando la rigida regola di mantenere segreta l’identità ebraica dei bambini. Nonostante le difficoltà, come la scarsità di cibo, Bianca e Marcello trovarono sicurezza e affetto. I genitori dei due bambini, nascosti in un convento, riuscivano a incontrarli di tanto in tanto, mantenendo vive le loro speranze. La famiglia Staderini non solo offrì protezione, ma permise ai piccoli di mantenere un barlume di normalità attraverso lo studio e il gioco, nonostante il pericolo costante.
Grazie al coraggio dei coniugi Staderini, Bianca e Marcello, così come i loro genitori, sopravvissero. Il legame nato in quel periodo non si spezzò mai, e ogni 16 ottobre Bianca ricordava con gratitudine il sacrificio della famiglia Staderini. Nel 2010, Fausto e Bice furono riconosciuti come Giusti fra le Nazioni dallo Yad Vashem, mentre la loro casa è stata proclamata Casa di Vita.
Questa Casa di Vita è un simbolo di protezione familiare e amore disinteressato. La targa commemorativa ricorda come il bene possa emergere anche nei momenti più difficili.
- L’Ospedale Fatebenefratelli
Luogo: Isola Tiberina
Nel cuore del Tevere, questo ospedale è un capolavoro di creatività e resistenza. Qui, il dottor Giovanni Borromeo e i religiosi inventarono la “Malattia K”, una patologia fittizia che spaventava i nazisti. Dietro le porte dei reparti “infetti”, decine di ebrei trovarono rifugio.
Una targa commemorativa, posta nel cortile, rende omaggio a questo esempio straordinario di astuzia e umanità. Un luogo imperdibile per chi vuole comprendere come la compassione possa sconfiggere la brutalità.
The Roman route of the “Houses of Life” and the ruse of “K’s Illness”
- Convento di Santa Brigida
Luogo: Plaza Farnese
Il convento di Santa Brigida in Piazza Farnese divenne un rifugio sicuro per la famiglia Piperno, perseguitata a causa delle leggi razziali. Guidate dalla beata Maria Elisabetta Hesselblad e da madre Ricarda Beauchamp Hambrough, le religiose offrirono accoglienza a 13 membri della famiglia, tra cui l’anziana nonna Clotilde, bambini e adulti. Non solo salvarono vite, ma restituirono dignità e speranza, permettendo ai Piperno di praticare apertamente la loro fede ebraica, nonostante il pericolo costante. Questo atto di coraggio andò ben oltre la semplice protezione fisica.
Piero Piperno, che allora era adolescente, nei suoi racconti ha sempre riportato con commozione la comprensione profonda delle religiose, che prepararono nascondigli e organizzarono le stanze per proteggere gli uomini, più esposti ai rischi di perquisizione. Madre Elisabetta e madre Ricarda agirono con estrema discrezione per non compromettere le altre suore del convento, rischiando la propria vita per garantire la sicurezza degli ospiti. La notte del 4 giugno 1944, quando i soldati alleati giunsero a Piazza Farnese, la famiglia comprese di essere finalmente salva.
Questo luogo invita a riflettere sull’importanza del dialogo interreligioso e del rispetto reciproco, un tema che risuona profondamente anche oggi. Visitare questo monastero è un’esperienza spirituale e storica unica.
- Pontificio Collegio Portoghese
Luogo: Presso il Vaticano
Durante l’occupazione nazista di Roma, il Pontificio Collegio Portoghese divenne un rifugio per circa 40 perseguitati, grazie al coraggio e alla lungimiranza del suo rettore, padre Joaquim Carreira. Sacerdote eclettico, primo lusitano a conseguire il brevetto di volo, aprì le porte del Collegio a ebrei, intellettuali e personalità di spicco, salvandoli dalle retate naziste. Tra loro figuravano il medico Giuseppe Caronia e il collega Cesare Frugoni, illustri accademici, oltre a membri della resistenza e ad altre figure di spicco come Luigi Priolo, figlio dell’ex sindaco socialista di Reggio Calabria. Nonostante la scarsità di risorse, padre Carreira assicurò a tutti cibo e protezione, rischiando la propria vita per difendere la loro.
Le precauzioni del rettore si rivelarono cruciali durante una visita dei nazisti nel 1943. I rifugiati, nascosti in punti strategici, rimasero al sicuro fino alla partenza dei militari. Tra i salvati c’era anche Elio Cittone, all’epoca sedicenne, che non ha mai dimenticato l’eroismo del sacerdote portoghese, definendolo il suo salvatore. Padre Carreira registrò nel suo memoriale le difficoltà e le paure di quel periodo, ma anche la sua ferma convinzione nell’offrire asilo a chi era perseguitato da leggi inumane.
Dopo la guerra, padre Carreira continuò la sua missione con dedizione e, sebbene poco noto, lasciò un’eredità di altruismo e coraggio. Questo luogo è una testimonianza del ruolo cruciale svolto dalle istituzioni religiose nella protezione dei perseguitati durante la Shoah.
- Chiesa di San Gioacchino
Luogo: Quartiere Prati
Questa chiesa, nel cuore di Prati, nascose 35 persone tra ebrei e dissidenti politici. Situata nel quartiere Prati, divenne un rifugio sicuro per sfollati, militari sbandati ed ebrei perseguitati. Gestita dai Padri Redentoristi con la collaborazione dell’Azione Cattolica, la parrocchia si trasformò in un centro di solidarietà e resistenza clandestina. Prati, teatro di violenze contro gli ebrei e luogo di delazioni come quella contro don Morosini, rappresentava un contesto pericoloso, ma Pietro Lestini, ingegnere e parrocchiano attivo, insieme a figure come padre Antonio Dressino e suora Margherita Bernes, ideò una rete di protezione per chiunque bussasse alla chiesa in cerca di aiuto.
Lestini organizzò un nascondiglio nella soffitta della chiesa, uno spazio angusto tra le capriate e la cupola, accessibile solo attraverso una carrucola montata e smontata di volta in volta. Qui, il 25 ottobre 1943, trovarono rifugio diversi perseguitati. La “Sasg” (Sezione aerea di San Gioacchino) fu isolata il 3 novembre 1943, quando l’unico ingresso venne murato per impedire l’accesso ai nazisti, che avevano iniziato a perquisire chiese e conventi. Nonostante le condizioni precarie, lo spazio fu attrezzato con elettricità, un gabinetto, fornelletti per riscaldare il cibo e una radio, che divenne un collegamento vitale con il mondo esterno.
Grazie all’ingegno e al coraggio di Lestini e del gruppo parrocchiale, i rifugiati sopravvissero fino alla liberazione di Roma nel giugno 1944. La chiesa di San Gioacchino non fu solo un luogo di protezione fisica, ma un simbolo di resistenza morale e di solidarietà, dove ogni atto di carità divenne un’arma silenziosa contro la barbarie.
Un luogo di meditazione e memoria che ricorda quanto sia potente il valore della comunità.
- L’Istituto delle Suore di San Giuseppe
Luogo: Piazza di Spagna
Tra il 1943 e il 1944, questo istituto ospitò e salvò 60 rifugiati, tra cui molti bambini. La figura di Suor Emerenziana Bolledi, che rischiò tutto per proteggere vite innocenti, incarna il coraggio silenzioso delle donne di fede durante il conflitto. Visitare questo luogo significa entrare in contatto con una storia di dedizione e sacrificio.
- Villa Mondragone
Luogo: Frascati, Castelli Romani
Fuori dal caos della città, questa villa storica divenne un rifugio per tre bambini ebrei. Il gesuita padre Raffaele de Ghantuz Cubbe, rettore del Nobile Collegio Mondragone di Frascati, salvò tre bambini ebrei dalla deportazione ad Auschwitz nascondendoli sotto falso nome. Con il supporto dei suoi confratelli, accolse e protesse i piccoli Marco Pavoncello, Graziano Sonnino e Mario Sonnino, sfidando la minaccia nazista e rischiando la propria vita. La sua azione eroica, compiuta senza alcuna imposizione religiosa, ha lasciato un segno indelebile nella storia della Resistenza umanitaria. Padre De Ghantuz Cubbe è stato riconosciuto postumo come Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem, l’Istituto per la Memoria dell’Olocausto di Gerusalemme.
- Pontificio Seminario Francese
Luogo: Trastevere
Nonostante il pericolo costante, questo seminario nascose un centinaio di profughi: ufficiali inglesi e americani, soldati italiani che rifiutarono di combattere a fianco dei tedeschi e cinquanta ebrei. A quel tempo, non c’era quasi nessun seminarista perché molti sono stati mobilitati nel 1940. I rifugiati trovarono rifugio nei soffitti e nelle cantine. La targa qui apposta testimonia la resistenza morale dei sacerdoti e seminaristi che operarono in prima linea.
- Il Convento delle Suore di Nostra Signora di Sion
Luogo: Via Garibaldi
Con firme resolución, las monjas de este convento protegieron a más de 200 personas durante las redadas nazis. En la actualidad alberga una universidad y es un recordatorio vivo del profundo impacto del coraje colectivo.
Questo Collegio fu un centro di speranza durante l’occupazione nazista, riconosciuto come House of Life dalla Fondazione Wallenberg nel 2017. Guidato da Sigismondo Ugo Barbano, preside e figura centrale nelle operazioni di salvataggio, l’istituto ospitò rifugiati ebrei, militari fuggiti e membri della Resistenza romana. Tra le testimonianze commoventi dei sopravvissuti ci sono quelle di Gianni Polgar e Fausto Zabban, che ricordano la dedizione di Barbano, spesso rischiando la vita per fornire rifugio, cibo e protezione. Barbano accolse Fabio Tedeschi, il primo giovane ebreo, nel 1943, e aiutò ufficiali e civili, inclusi partigiani e membri della Democrazia Cristiana, a nascondersi o a fuggire verso zone sicure.
Un viaggio nella memoria: Perché visitare le Case di Vita?
Questo pellegrinaggio non è solo un viaggio storico, ma un’esperienza trasformativa. Ogni Casa di Vita ci ricorda che anche nei momenti più bui della storia, il bene può prevalere. Visitare questi luoghi significa entrare in contatto con storie vere di coraggio, altruismo e resistenza morale.
Come disse una volta Elie Wiesel: “Il contrario dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza”. Le Case di Vita ci insegnano a non essere indifferenti, a ricordare e a scegliere sempre il bene.
Pianifica il tuo pellegrinaggio a Roma e scopri le Case di Vita: luoghi di fede, coraggio e memoria.