Ci sono tante Rome da vivere. Tanti percorsi, ognuno con la sua storia, con la sua ricchezza. Una di queste è la Roma delle “Case di Vita”, un’iniziativa della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, che ci porta a scoprire per i vicoli della città eterna alcuni luoghi come case religiose, chiese, abitazioni private, ospedali, ecc. – che durante la Seconda Guerra Mondiale con le persecuzioni nazi-fasciste, offrirono rifugio volontario e segreto agli ebrei perseguitati, salvando loro la vita.
Tra queste, c’è un’incredibile storia di resistenza e solidarietà che si svolse proprio in uno di questi rifugi: l’Ospedale Fatebenefratelli sull’Isola Tiberina. Qui nacque l’idea del Morbo di K, un inganno medico tanto audace quanto efficace, che riuscì a salvare numerose vite.
Il Contesto: Roma Occupata e il Rastrellamento del Ghetto
Dopo l’8 settembre 1943, con l’armistizio firmato dall’Italia e l’avanzata degli Alleati, le truppe naziste presero il controllo del Centro-Nord del Paese. Roma, la città eterna, cadde sotto occupazione tedesca. In questo clima di terrore e incertezza, la comunità ebraica romana divenne bersaglio di una violenza sempre più sistematica.
La mattina del 16 ottobre 1943, le SS effettuarono un massiccio rastrellamento nel ghetto di Roma. Oltre 1.200 ebrei furono prelevati dalle loro case e deportati nei campi di concentramento, principalmente ad Auschwitz. Di questi, solo 16 sopravvissero. Il destino della comunità ebraica romana sembrava segnato, ma la storia del Morbo di K dimostra come alcuni uomini e donne scelsero di opporsi, rischiando la propria vita per salvarne altre.
L’Ospedale Fatebenefratelli: Un Rifugio Segreto sull’Isola Tiberina
Situato sull’Isola Tiberina, al centro del Tevere, l’Ospedale Fatebenefratelli godeva di una posizione strategica e, per certi versi, isolata. Fondato nel 1585, l’ospedale aveva una lunga tradizione di cura e assistenza ai più bisognosi. Durante l’occupazione nazista, questa vocazione fu messa alla prova in maniera estrema.
Giovanni Borromeo, primario dell’ospedale, insieme ai colleghi Adriano Ossicini e Vittorio Sacerdoti, decisero di trasformare l’ospedale in un rifugio sicuro per ebrei e oppositori politici. Qui, le corsie e le stanze di degenza non erano solo luoghi di cura, ma veri e propri nascondigli. Tuttavia, con le pattuglie tedesche pronte a ispezionare ogni angolo della città, era necessario un espediente più sofisticato per proteggere i fuggitivi.
La nascita del Morbo di K: Una malattia letale… Ma falsa
Per proteggere i rifugiati dall’invasione nazista, i medici dell’Ospedale Fatebenefratelli idearono una falsa diagnosi: il Morbo di K Questa malattia fittizia venne presentata come una patologia altamente contagiosa e mortale. Il nome stesso, con la lettera “K”, era un’ironia pungente e pericolosa, riferita ai comandanti nazisti Albert Kesselring e Herbert Kappler, figure chiave dell’occupazione.
Quando le SS arrivavano per ispezionare l’ospedale, i medici li avvertivano della presenza di pazienti affetti dal Morbo di K, una malattia di cui si sapeva poco ma che, si sosteneva, si trasmetteva facilmente attraverso l’aria. I soldati, temendo un’infezione letale, si allontanavano rapidamente senza controllare i pazienti o le cartelle cliniche.
“La paura può essere un potente alleato se usata con saggezza,” sembra suggerire questa straordinaria vicenda. E infatti, proprio grazie a questa paura, decine di ebrei romani trovarono una temporanea ma vitale salvezza.
Chi Erano i Protagonisti del Salvataggio
Dietro il successo di questa operazione ci sono figure eroiche che, con coraggio e astuzia, decisero di opporsi alla barbarie nazista:
- Giovanni Borromeo: Medico primario, cattolico, che rischiò la propria vita per proteggere i pazienti ebrei. Nel 2004, fu insignito del titolo di “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale dell’Olocausto a Gerusalemme.
- Adriano Ossicini: Allora giovane medico antifascista, in seguito diventato psichiatra e senatore. Ricordò per tutta la vita quei momenti di straordinaria tensione e solidarietà.
- Vittorio Sacerdoti: Medico ebreo, sfuggito alle persecuzioni, che collaborò attivamente all’ideazione e all’esecuzione del piano del Morbo di K.
Questi uomini agirono senza esitare, guidati da un senso di giustizia e fratellanza che superava ogni barriera religiosa o ideologica.
Il Valore della Fratellanza e della Solidarietà Umana

Il Morbo di K è più di una semplice astuzia medica; è una testimonianza concreta di come la fratellanza umana possa manifestarsi nei modi più creativi e coraggiosi. In un’epoca di odio e divisione, medici cattolici e antifascisti rischiarono tutto per salvare ebrei perseguitati, dimostrando che la solidarietà può fiorire anche nelle circostanze più avverse.
Questa storia ci ricorda che “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso”, come scriveva il poeta John Donne. L’Ospedale Fatebenefratelli non era solo un luogo fisico, ma un simbolo di quella “Casa di Vita” dove ogni persona era accolta e protetta.
Il Riconoscimento della Memoria: Una Casa di Vita
Nel 2016, l’Ospedale Fatebenefratelli è stato ufficialmente riconosciuto come “Casa di Vita” dalla Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg. Questo titolo onorifico è riservato a quei luoghi che, durante l’Olocausto, divennero rifugi sicuri per le persone perseguitate.
La storia del Morbo di K ci insegna che la fratellanza non conosce confini.