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Un viaggio dai Vichinghi alle Tavole del Mondo

Lo stoccafisso, una prelibatezza dei mari del Nord Immagine di nmartinez4 su Pixabay
Lo stoccafisso, una prelibatezza dei mari del Nord Immagine di nmartinez4 su Pixabay

Ogni inverno centinaia di pescherecci si radunano nelle fredde e pulite acque della Norvegia settentrionale per pescare il baccalà artico migratore. Lui, il pregiato protagonista, giunge dal Mare di Barents lungo le coste di Lofoten, Senja e Vesterålen tra gennaio e aprile per riprodursi.

Una volta pescato il baccalà viene pulito ed eviscerato direttamente a bordo dei pescherecci. A terra, viene poi appeso in coppia su rastrelliere di legno, distanziato per permettere all’aria di circolare. Il vento salmastro e il sole artico lo trasformano in stoccafisso, un prodotto unico al mondo.

Questo primo processo di essiccazione all’aperto dura circa tre mesi e termina a giugno. Successivamente, i pesci sono trasferiti all’interno per un ulteriore essiccamento, dove perdono fino al 70% del loro peso iniziale.

Le origini vichinghe

Cod dried in the traditional Viking way in the Lofoten islands
Stoccafisso essiccato secondo la tradizione vichinga nelle Isole Lofoten.

I Vichinghi, intrepidi navigatori e guerrieri, scoprirono presto le proprietà uniche dello stoccafisso essiccato. Lo stoccafisso li sosteneva durante le lunghe traversate e i freddi inverni, fornendo loro le proteine necessarie per affrontare le sfide della vita marina.

Era un alimento pratico, leggero e soprattutto duraturo, perfetto per essere conservato a bordo delle loro navi.

La Chiesa e il Digiuno: per fortuna c’era lo stoccafisso!

Durante il Medioevo, la Chiesa cattolica imponeva ai fedeli di astenersi dal consumo di carne durante la Quaresima, il periodo di 40 giorni che precede la Pasqua. In questi giorni, i cristiani potevano mangiare solo cibi semplici e magri. Il pesce, in particolare il baccalà (il merluzzo nordico grigio, salato e stagionato per settimane) e lo stoccafisso, divenne così un alimento fondamentale per i fedeli in questi periodi.

Nel XVI secolo, in pieno periodo di Controriforma, la Chiesa aumentò i giorni di digiuno e astinenza anche oltre la Quaresima, imponendo il consumo di pesce per quasi 150 giorni all’anno. Questa pratica favorì la diffusione dello stoccafisso in tutta Europa, in particolare nelle regioni interne dove il pesce fresco era difficile da reperire. Lo stoccafisso norvegese, grazie alla sua lunga conservazione, divenne un alimento essenziale per le popolazioni lontane dal mare.

Lo stoccafisso in cucina

Bacalao
Il merluzzo essiccato è stato commercializzato in tutta Europa per secoli.

Lo stoccafisso norvegese è apprezzato per la sua consistenza compatta e il sapore delicato. Prima di cucinarlo, è necessario idratarlo immergendolo in acqua fredda per diversi giorni, cambiando l’acqua quotidianamente.

Questo processo di ammollo restituisce al pesce la sua consistenza naturale, rendendolo pronto per essere utilizzato in una varietà di ricette, dai semplici stufati ai piatti più elaborati.

Il lutefisk: dalla tavola dei Vichinghi alle feste natalizie

Uno dei piatti più celebri a base di stoccafisso è il lutefisk, simbolo della tradizione natalizia norvegese e della convivialità. Questo piatto ha radici antiche e viene oggi considerato un simbolo dell’identità norvegese.

Per prepararlo, lo stoccafisso viene ammollato in una soluzione di liscivia (idrossido di sodio) per diversi giorni. Questo processo conferisce al pesce una consistenza gelatinosa e un sapore unico, che lo rende un alimento molto amato dai norvegesi.

Dopo l’ammollo, il lutefisk viene salato per 2-3 ore, sciacquato e cotto in forno per circa 30-40 minuti a 225°C. Nel frattempo, si preparano le patate bollite e il bacon croccante, servendo il tutto con purè di piselli o altri contorni a scelta. Il piatto è spesso accompagnato da birra o acquavite, e può essere servito con eplemos, un succo di mele norvegese.

Ogni boccone di lutefisk racconta i sapori autentici della terra e del mare norvegese, creando un’alchimia perfetta per il corpo e l’anima.

St. Olav and the Way of the Old Vikings

 

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