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Quando i carciofi romani suscitano passioni

I carciofi alla romana non devono essere confusi con i carciofi alla giudia. Entrambi sono senza dubbio prodotti fondamentali della cucina romana.

Mentre i carciofi alla romana vengono cotti in brodo (una miscela di acqua e olio d’oliva, anche se alcune varianti includono vino bianco), i carciofi alla giudia vengono fritti. Nella maggior parte dei casi si utilizzano due varietà diverse di carciofi: le mammole (una versione locale, romana, del carciofo) o i romaneschi (quasi la stessa varietà, anche se con un globo leggermente tinto di viola). Entrambe le ricette prevedono di cospargerli con sale e pepe, dopo averli preventivamente immersi in acqua e limone per evitare che si scuriscano.

E sebbene entrambe le ricette abbiano una ricca storia che risale all’antica Roma (le comunità ebraiche erano già stabilite nella Città Eterna molto prima dei cristiani, a partire dal II secolo a.C.), hanno recentemente scatenato un controverso dibattito all’interno della comunità ebraica sul loro status kosher.

I carciofi sono uno degli alimenti più antichi conosciuti dall’umanità. Non sorprende, quindi, che i carciofi alla romana esistano da molto tempo – così come quelli alla giudia. Si sa che greci e romani gustavano i carciofi, condendoli con cumino e miele. Ma queste due ricette così specifiche (alla romana e alla giudia) risalgono all’Impero Romano, dove questa verdura simile al cardo era un alimento di base nella dieta dell’élite romana – e, fino a un certo punto, anche del populus –.

Il celebre De re coquinaria è un classico libro di cucina romana compilato nel V secolo della nostra era, anche se alcuni studiosi sostengono che si tratti di un’antologia precedente e lo attribuiscono a Marco Gavio Apicio, gastronomo romano del I secolo. Include una ricetta di carciofi ripieni, già un buon indicatore della loro popolarità nella cucina romana. Il piatto si è evoluto nel corso dei secoli, dando origine ai moderni carciofi alla romana.

Le “friggitorie” ebraiche del ghetto romano vendevano altri cibi fritti che presto divennero fondamentali nella cucina romana, come i “fiori di zucca fritti” , il “baccalà fritto” e l'”abbacchio fritto” (agnello fritto).

carciofi alla romana vengono preparati rimuovendo le foglie esterne, tagliando la parte superiore ed eliminando la parte pelosa. Successivamente, il carciofo viene cotto delicatamente in una miscela di olio d’oliva, aglio e, a gusto, con alcune erbe aromatiche; alcune varianti prevedono di farcire con prezzemolo e menta.

Infine, vengono cotti in una miscela di acqua, olio d’oliva e, vino bianco. Il lento processo di cottura conferisce al carciofo un sapore delicato e saporito, risultando in un piatto tenero e aromatico. I cuori di carciofo sono spesso serviti con una spruzzata di succo di limone o olio d’oliva extra vergine, diventando così uno degli antipasti preferiti.

Tuttavia, la polemica sullo status kosher dei carciofi alla romana nella comunità ebraica di Roma ruota attorno al loro metodo di preparazione. Questo dibattito ha radici storiche profonde e alcuni lo fanno risalire al XVI secolo, quando gli ebrei fuggiti dalla Penisola Iberica si stabilirono a Roma, portando con sé alcune tradizioni di frittura. Le leggi dietetiche ebraiche tradizionali richiedono un’ispezione e preparazione attenta delle verdure, per evitare vermi o altri piccoli insetti che potrebbero nascondersi tra le foglie.

Poiché gli insetti sono tra gli alimenti proibiti nella Torà, il metodo di stufatura utilizzato nella preparazione dei carciofi alla romana potrebbe non superare un’ispezione kosher accurata, perché potrebbero rimanere insetti o altri contaminanti nella verdura. Il dibattito nella comunità ebraica di Roma ha suscitato opinioni divergenti tra rabbini e studiosi. Alcuni sostenevano che i carciofi non fossero kosher a causa dell’uso (abbastanza abbondante) di aglio (una verdura piccante e ruvida che richiede un esame attento e un adeguato trattamento) e alla difficoltà di un’ispezione adeguata. Altri argomentavano che il piatto poteva essere kosher se preparato seguendo linee guida rigorose e utilizzando ingredienti certificati kosher.

Gli ebrei romani, come spiega Vittoria Traverso in un articolo sull’argomento, “non l’hanno presa bene” e “hanno inondato i social media con messaggi di solidarietà a questo piatto centenario, da post indignati a poesie d’amore e rivisitazioni di slogan popolari: il meme Je suis Charlie, diventato virale dopo gli attentati alla rivista satirica francese Charlie Hebdo nel 2015, è diventato Je suis carciofo“. I sostenitori dei carciofi alla giudia spiegano che i carciofi utilizzati nella ricetta sono piuttosto speciali: i carciofi romani locali hanno una struttura di foglie diversa da altre varietà, il che li rende praticamente “a prova di insetti” e quindi praticamente kosher.

Nel XVI secolo, spiega Traverso, le friggitorie ebraiche del ghetto romano vendevano altri cibi fritti che presto divennero “prodotti fondamentali della cucina romana, come fiori di zucca fritti, baccalà fritto e abbacchio fritto (agnello fritto)”.

 

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