Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

Sulle alture sacre della Giamaica: La geografia spirituale di Queen Nanny

Scultura/statua dell'unica eroina nazionale giamaicana, la Nanny dei Maroons. Debbie Ann Powell - Shutterstock
Scultura/statua dell'unica eroina nazionale giamaicana, la Nanny dei Maroons. Debbie Ann Powell - Shutterstock

Tra le vette avvolte dalla nebbia delle Blue Mountains giamaicane, oltre la portata delle strade coloniali e dei venti costieri, si estende un paesaggio che custodisce la memoria. Qui, dove un tempo sorgeva Nanny Town, il rito e la resistenza si sono intrecciati per dar vita a una delle più profonde tradizioni caraibiche. Al centro di questa storia si erge Queen Nanny, figura insieme storica e mitica, che guidò le comunità maroon contro il dominio coloniale e diede forma a una geografia sacra ancora viva oggi.

Comprendere Nanny Town significa non solo conoscere un capitolo della storia giamaicana, ma anche entrare in contatto con un filo essenziale dell’immaginario religioso e culturale della diaspora africana — un immaginario in cui il paesaggio diventa scrittura sacra e la fuga, una forma di pellegrinaggio.

Una storia scolpita nelle montagne

Queen Nanny, conosciuta anche come Nana, è ricordata come leader maroon, stratega militare, guida spirituale e madre della resistenza giamaicana. All’inizio del XVIII secolo condusse il suo popolo fuori dalla schiavitù verso le alture, fondando una rete di insediamenti autonomi, tra cui la roccaforte conosciuta oggi come Nanny Town.

Nanny of the Maroons portrait from Jamaican money
Ritratto della Queen Nanny sulle banconote giamaicane

Nascosta nel cuore delle Blue Mountains, Nanny Town sfruttava l’altitudine e la conformazione del territorio come difesa naturale. Da lì, i maroon condussero una guerriglia contro le forze coloniali britanniche, mantenendo una resistenza durata decenni che culminò in un trattato di pace firmato nel 1739. Sebbene molti dettagli della vita di Nanny si perdano tra tradizione orale e documenti storici, il suo ruolo di matriarca della liberazione ha resistito nel tempo: è celebrata nella memoria nazionale giamaicana ed è stata proclamata Eroina Nazionale nel 1975.

Autonomia maroon e geografia sacra

I maroon giamaicani non erano semplicemente schiavi fuggiaschi: erano architetti di libertà, creatori di territori autonomi al di fuori del sistema delle piantagioni. Quegli spazi erano anche zone spirituali, dove le cosmologie africane trovarono continuità in terra caraibica.

Nanny Town ne è l’esempio perfetto. Situata a oltre 900 metri di altitudine, era più di un rifugio strategico. Nelle tradizioni africane, dagli Akan ai Kongo, le montagne erano viste come soglie — luoghi dove risiedono gli spiriti ancestrali, dove il potere rituale è rafforzato dalla distanza dal mondo terreno.

Per le comunità maroon, le Blue Mountains divennero spazi di resistenza spirituale. Le foreste custodivano sorgenti sacre, cerchi di tamburi, erbe curative e luoghi di ritrovo dove i rituali potevano essere celebrati al riparo dallo sguardo coloniale. In questo contesto, il paesaggio diventava liturgia.

Nanny e il paesaggio religioso della Giamaica

La religione giamaicana, in senso ampio, è un’eredità complessa e stratificata, forgiata da resistenza, reinvenzione e continuità. Le tradizioni spirituali degli schiavi africani — Akan, Kongo, Yoruba e altre — sopravvissero trasformandosi, e si manifestano oggi in forme come Revival Zion, Pocomania, Kumina e Obeah. Non si tratta di religioni codificate nel senso occidentale, ma di sistemi rituali basati sull’esperienza, sul corpo, sulla performance.

Jamaica in 1717
Giamaica nel 1717

Queen Nanny è ricordata come guida rituale, associata all’Obeah e dotata, secondo la tradizione orale, di “poteri mistici”: riusciva a fermare i proiettili, a scomparire nel nulla. Questi poteri non erano solo folklore, ma espressione di un’autorità rituale radicata nelle conoscenze spirituali africane. Parlare di Nanny significa parlare di una guerriera-sacerdotessa, una figura che univa il politico al sacro, il comando alla mediazione spirituale.

La sua eredità vive ancora nei canti rituali, nei tamburi ancestrali e nei ritorni cerimoniali a luoghi come Nanny Town e Moore Town, l’insediamento principale dei suoi discendenti. Nelle tradizioni revivaliste e maroon, il suo nome non è pronunciato solo in memoria, ma per evocare la sua presenza.

Il cammino verso Nanny Town: un pellegrinaggio senza istituzione

Anche se oggi rimangono pochi sentieri praticabili, ci sono ancora coloro che salgono fino a Nanny Town: storici, custodi della cultura, discendenti dei maroon. Questo percorso, pur non essendo definito ufficialmente come pellegrinaggio, ne ha la funzione: è un viaggio verso l’origine, la resistenza, il legame con gli antenati.

I riti più importanti si svolgono a Moore Town, soprattutto il 6 gennaio, anniversario del trattato maroon. Durante le celebrazioni si ascoltano tamburi, si offrono libagioni, si raccontano storie e si danza: sono forme di ritorno rituale che rinnovano il legame con Queen Nanny e con la montagna che ha protetto il suo popolo.

In questo senso, recarsi a Nanny Town — tra rovine coperte di vegetazione — o a Moore Town è un pellegrinaggio della diaspora: un ritorno ai luoghi dove il sacro si è forgiato nella lotta.

Blue Mountains of Jamaica, Caribbean, Central America
Blue Mountains della Giamaica, Caraibi, America Centrale

Esodo e geografia sacra della resistenza

La storia di Queen Nanny è, nella sua essenza, un racconto di esodo. Non in senso metaforico, ma letterale: un popolo in fuga dalla schiavitù, guidato da una figura spirituale verso una terra remota e protetta. Questo viaggio è inciso nelle montagne, e risuona con i temi più profondi della diaspora africana: fuga dal dominio, autodeterminazione, rituale e geografia intrecciati.

Narrazioni simili emergono in tutta l’America: a Palmares (Brasile), San Basilio de Palenque (Colombia), nei quilombo del Suriname e della Guyana Francese. In ogni caso, la resistenza non è stata solo politica, ma sacralizzata: tracciata nella terra attraverso cerimonie, canti e pratiche ancestrali.

Queen Nanny è parte di quel pantheon: matriarca della montagna, la cui presenza non si limita a statue o commemorazioni, ma si rinnova nei gesti rituali, nella memoria orale, nella geografia sacra.

Un pellegrinaggio impresso nel corpo

Camminare oggi verso Nanny Town significa attraversare sentieri impervi e fitte boscaglie. Ma significa anche attraversare la memoria, la resistenza e l’invocazione. La geografia sacra della Giamaica non vive in altari di pietra o templi chiusi, ma nei corpi che danzano, nei tamburi che parlano, nei paesaggi che hanno protetto la libertà.

La storia di Queen Nanny non appartiene solo alla Giamaica: è parte della diaspora africana. Appartiene all’Atlantico nero, alle cartografie sacre di chi è fuggito, ha lottato e ha ricordato. Per questo Nanny Town non è una rovina: è un luogo rituale, una montagna della memoria che ancora oggi continua a parlare.

 

Questo post è disponibile anche in: English Español

Lascia un commento