“Esci dal tuo paese e dalla tua stirpe verso un paese che io ti indicherò”. Con queste parole si inaugura il pellegrinaggio nella Bibbia. E il protagonista di questa storia è Abramo, il padre delle tre grandi religioni monoteiste. Non è una coincidenza.
Per Abramo, l’esperienza di lasciare la sua patria e le comodità della sua vita è la chiave della sua esistenza. La sua vita non fu più la stessa: la ricerca della terra promessa divenne anche una ricerca esistenziale del Dio sconosciuto che lo aveva chiamato.
Nel corso dei secoli, il luogo del sacrificio di Abramo, sulla cima del Monte Moriah, divenne una delle mete di pellegrinaggio più famose dell’antichità: lo stesso Tempio di Gerusalemme fu eretto lì.
L’esperienza del pellegrinaggio è fondamentale per l’Antico Testamento. Il popolo di Israele, che si sente pellegrino, torna sempre a Gerusalemme, nonostante le vicissitudini della storia. Una volta all’anno, il popolo vi si recava in pellegrinaggio per la Pasqua. Ancora oggi, la nostalgia della Città Santa è viva: “L’anno prossimo, a Gerusalemme!”.
Ancora oggi, Gerusalemme è la meta di pellegrinaggio più importante del mondo. Ma non solo per gli ebrei: è anche, dopo La Mecca, il secondo luogo più sacro per l’Islam, che venera la pietra da cui Maometto ascese al cielo.
Gerusalemme è anche il luogo in cui i cristiani venerano la morte e la risurrezione di Gesù di Nazareth. Anche lui, da buon ebreo, saliva al Tempio per celebrare la Pasqua; ma la sua morte e la sua risurrezione danno al pellegrinaggio un nuovo significato: per i cristiani, pellegrinare significa cercare lui e le tracce della sua azione nella storia, nei luoghi santi e attraverso i santi o le reliquie.