Nella pianura orientale del Gange, vicino all’odierna città di Kushinagar, nell’Uttar Pradesh, in India, si trova uno dei siti più significativi dell’atlante culturale buddista. Questo è il luogo in cui Siddhartha Gautama, noto alla storia come il Buddha, entrò nel parinirvana, la cessazione definitiva della rinascita secondo alcune scuole buddiste. Oggi Kushinagar rimane un luogo di riflessione e movimento, che attira pellegrini e viaggiatori da tutto il mondo che ripercorrono l’ultimo viaggio del Buddha attraverso l’India settentrionale.
Parinirvana: la fine del cammino
Nella cosmologia buddista, il nirvana si riferisce all’estinzione del desiderio, dell’ignoranza e della sofferenza, vista come la liberazione definitiva dal ciclo di nascita e morte (samsara). Il fa un passo avanti. Denota la completa liberazione del Buddha da ogni esistenza terrena, che, secondo la tradizione, avvenne al momento della sua morte fisica. Mentre il nirvana può essere raggiunto durante la vita, il parinirvana rappresenta un distacco definitivo e irreversibile dalla realtà condizionata.

Il parinirvana del Buddha a Kushinagar segna quindi non solo la fine di una vita umana, ma anche la conclusione di un percorso esistenziale che ha plasmato gran parte dei sistemi filosofici ed etici dell’Asia. L’evento è descritto in dettaglio in testi antichi come il Mahāparinibbāna Sutta, che offre un racconto degli ultimi giorni del Buddha, delle sue istruzioni ai seguaci e dei momenti che hanno preceduto la sua morte.
Dove si trova Kushinagar?
Kushinagar si trova nell’Uttar Pradesh, in India, vicino al confine moderno con il Nepal. Nell’antichità faceva parte del regno di Malla, un piccolo stato indipendente del V secolo a.C. La posizione geografica del sito, relativamente pianeggiante e fertile, lo colloca all’interno di una più ampia rete di pellegrinaggio che comprende Lumbini (luogo di nascita), Bodh Gaya (luogo del risveglio) e Sarnath (luogo del primo insegnamento). Tutti questi luoghi sono collegati da rotte commerciali e monastiche regionali che si sono sviluppate parallelamente alla diffusione delle comunità buddiste.
Sebbene Kushinagar abbia perso importanza in seguito al declino del sostegno istituzionale al buddismo in India dopo il XII secolo d.C., è riemersa nel XIX e XX secolo grazie alla riscoperta archeologica e alla rinascita buddista transnazionale. Oggi il sito è gestito dall’Archaeological Survey of India e ospita sia antiche rovine che moderne istituzioni monastiche di diverse tradizioni buddiste.
Come il Buddha raggiunse Kushinagar

Secondo i testi canonici, l’ultimo viaggio del Buddha iniziò a Rajagaha (l’odierna Rajgir), passando per diverse città, tra cui Pava, prima di raggiungere Kushinagar. Aveva circa 80 anni ed era affetto da una malattia, forse di origine alimentare. A Pava accettò un pasto offerto da un fabbro di nome Cunda. Più tardi quel giorno, i suoi sintomi peggiorarono, ma continuò a camminare verso Kushinagar, dove chiese di riposare tra due alberi di sal.
Qui si rivolse ai suoi discepoli un’ultima volta, offrendo loro un ultimo insegnamento: “Tutte le cose condizionate sono soggette al decadimento. Impegnatevi con diligenza”. Circondato dai suoi seguaci, si sdraiò sul fianco destro in quella che sarebbe diventata la posa archetipica del parinirvana che si vede nelle sculture buddiste di tutta l’Asia.
Chi era il Buddha?
Siddhartha Gautama era un personaggio storico nato intorno al V secolo a.C. a Lumbini, nell’odierno Nepal. Apparteneva al clan degli Śākya ed era cresciuto nell’aristocrazia. Rinunciando al suo status alla fine dei vent’anni, divenne un asceta errante alla ricerca della liberazione dalla sofferenza. Dopo anni di rigorosa disciplina e meditazione, raggiunse quello che viene definito “risveglio” (bodhi) sotto un albero di fico a Bodh Gaya.
Ciò che realizzò fu una serie di intuizioni sulla natura della sofferenza, dell’impermanenza e del non-sé, principi che avrebbero costituito il fondamento della filosofia buddista. Per i successivi 45 anni viaggiò nella pianura gangetica insegnando, discutendo e fondando comunità monastiche. Il suo movimento enfatizzava la condotta etica, l’allenamento meditativo e il potenziale di tutti gli esseri di raggiungere la liberazione.
A differenza delle figure successive del pantheon buddista, il Buddha non si presentava come una divinità, ma come un essere umano che aveva realizzato un percorso che altri potevano seguire. La sua morte a Kushinagar segnò l’episodio umano finale di una vita che, secoli dopo, sarebbe stata assorbita in diverse interpretazioni teologiche, artistiche e filosofiche in tutta l’Asia.

Il sito oggi: commemorazione e movimento
Il fulcro di Kushinagar è lo Stupa Mahaparinirvana, costruito sul luogo in cui si ritiene che sia stato deposto il corpo del Buddha. Una statua reclinata del Buddha lunga 6,1 metri riposa all’interno del tempio adiacente, risalente al periodo Gupta (V secolo d.C.), ma restaurato più volte nel corso dei secoli. La posa della statua – calma, con gli occhi semichiusi, appoggiata sul fianco destro – è un’espressione visiva della serenità al limite della mortalità.
Nelle vicinanze, lo Stupa Ramabhar segna il luogo della cremazione, mentre il Santuario Matha Kuar contiene un’immagine del Buddha in piedi che si ritiene risalga allo stesso periodo. Attorno a questi nuclei storici, numerosi monasteri internazionali – thailandesi, birmani, cingalesi, giapponesi – hanno fondato templi e foresterie, a testimonianza della dimensione globale del pellegrinaggio contemporaneo.
Per molti, visitare Kushinagar non significa necessariamente avvicinarsi a un’architettura sacra, ma ripercorrere gli ultimi passi di una storia umana che ha plasmato le fondamenta filosofiche di un continente. In questo senso, Kushinagar non è un centro trionfale, ma una soglia, un luogo in cui si incrociano l’impermanenza, la presenza e la memoria. Rappresenta la conclusione di una vita e l’inizio di una vasta trasmissione storica e culturale.
A chi oggi percorre i suoi sentieri tranquilli, Kushinagar offre uno spazio non di culto, ma di meditazione sulla mortalità, sull’eredità e sulla ricerca incessante della saggezza.