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Il pellegrinaggio al Tempio 88 nello Shikoku Masayoshi Hirose - Shutterstock

Camminare per svuotarsi: Il significato dello Shikoku Henro

Perché qualcuno decide di percorrere più di mille chilometri a piedi intorno a un’isola giapponese? Perché attraversare templi, montagne e villaggi per settimane, solo con un bastone e uno zaino leggero?

In tempi di immediatezza, produttività e rumore costante, c’è chi sceglie di fermarsi. E camminare. Lo Shikoku Henro, uno dei pellegrinaggi più antichi dell’Asia, propone proprio questo: una lunga pausa, un movimento lento, un modo per riconnettersi con se stessi attraverso il corpo e il paesaggio.

Questo percorso, che circonda l’isola giapponese di Shikoku, unisce 88 templi buddisti in un itinerario circolare di circa 1.200 chilometri. Ogni anno migliaia di persone lo percorrono. Alcuni lo fanno per fede. Altri per una promessa, per un lutto, per il bisogno di ricominciare. Ma molti, sempre di più, lo fanno per un motivo difficile da definire: cercare qualcosa senza sapere cosa.

Un percorso millenario

L’origine dello Shikoku Henro è legata a Kūkai, noto anche come Kōbō Daishi, un monaco buddista del IX secolo che fondò la scuola esoterica Shingon. Secondo la tradizione, Kūkai percorse l’isola da giovane, meditando nei templi, nelle grotte e sulle montagne. Col tempo, i suoi passi diedero forma a questo itinerario che oggi seguono i pellegrini.

monjas budistas en el Shikoku Henro, fotografía de 1902
Monache buddiste a Shikoku Henro, fotografia del 1902

Per secoli, l’Henro è stato un viaggio di fede riservato ai monaci o agli asceti. Ma nel periodo Edo (1603-1868), ha iniziato a diffondersi tra la popolazione comune. È diventato un percorso aperto a tutti: contadini, commercianti, malati, mendicanti. Uno spazio di trasformazione personale, lontano dalla vita quotidiana.

Nel corso dei secoli

Il pellegrinaggio di Shikoku ha attraversato diverse fasi nella sua storia. Nel Medioevo erano soprattutto monaci erranti, chiamati hijiri, a percorrere l’isola predicando e meditando. Molti lo facevano in condizioni estreme, alla ricerca di meriti spirituali o cercando di emulare Kūkai.

Nel periodo Edo, con la stabilità del paese sotto lo shogunato Tokugawa, l’Henro divenne una forma di pratica popolare, anche se regolamentata. I pellegrini dovevano portare con sé dei documenti e seguire percorsi sorvegliati, e alcuni templi tenevano dei registri di passaggio. Ciononostante, si stima che ogni anno migliaia di persone completassero il circuito, spesso con scarse risorse. Molti di loro erano considerati “senzatetto”, malati o emarginati, che trovavano lungo il cammino una forma di accoglienza. I templi offrivano cibo, riparo e una certa dignità a chi non aveva nulla.

Durante l’era Meiji (fine del XIX secolo), quando il nuovo governo promosse lo scintoismo e perseguitò le istituzioni buddiste, il pellegrinaggio entrò in crisi. Molti templi furono abbandonati o caddero in rovina. Ma la devozione popolare rimase viva. E nel corso del XX secolo, l’Henro si ricostruì, prima come pratica religiosa locale e poi, negli ultimi decenni, come percorso spirituale di interesse culturale e turistico.

Oggi è in corso la candidatura per il riconoscimento come Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Sebbene non sia ancora stato ufficialmente iscritto, il Giappone lo considera parte del suo patrimonio culturale immateriale. A differenza di altri pellegrinaggi più strutturati, l’Henro rimane sorprendentemente aperto, libero e decentralizzato: non esiste un’unica autorità, né un pass ufficiale, né un modo corretto di farlo. Ogni pellegrino decide come percorrerlo. E proprio in questo risiede la sua forza.

Com’è il percorso?

L’isola di Shikoku è divisa in quattro prefetture e l’itinerario attraversa ciascuna di esse in un ordine simbolico:

  • Tokushima – Risveglio spirituale
  • Kōchi – Disciplina e impegno
  • Ehime – Illuminazione interiore
  • Kagawa – Liberazione o rinascita

In totale sono 88 templi numerati da 1 a 88, anche se non c’è un obbligo rigoroso di iniziare dal primo. Tuttavia, è consuetudine iniziare dal tempio Ryōzen-ji, vicino a Tokushima, e procedere in senso orario. Alcuni pellegrini, per tradizione o per sfida personale, lo percorrono in senso inverso, una pratica nota come gyaku-uchi.

Percorrere l’intero itinerario richiede tra i 40 e i 60 giorni, a seconda del ritmo. Alcuni preferiscono farlo a tappe, tornando ogni anno per continuare. Altri lo percorrono in bicicletta o addirittura in autobus, anche se farlo a piedi rimane il modo più rispettato – e trasformativo – di vivere l’esperienza.

Chi percorre oggi lo Shikoku Henro?

Fino a poco tempo fa, la maggior parte dei pellegrini erano giapponesi, per lo più uomini anziani o pensionati. Ma questo sta cominciando a cambiare.

Nel 2023, quasi la metà dei pellegrini che hanno percorso il percorso a piedi erano stranieri. Molti sono arrivati dall’Europa, dall’America o dall’Australia, attratti dal valore spirituale del cammino, dal desiderio di “staccare la spina” o dalla bellezza naturale e culturale di Shikoku. Alcuni avevano già fatto il Cammino di Santiago e cercavano un’esperienza simile in Asia.

Le motivazioni sono diverse: c’è chi cammina per una promessa, per la morte di una persona cara, per il bisogno di riconnettersi con il proprio corpo o semplicemente per prendere le distanze da una vita troppo piena di cose.

Sebbene non sia un percorso affollato, l’accoglienza della gente del posto è calorosa. Esiste una pratica chiamata osettai, un modo tradizionale di offrire doni ai pellegrini: dalla frutta o bevande, al pranzo o un letto per la notte. In cambio non si aspetta denaro, solo gratitudine.

Più che templi: un’esperienza di vita

Tokushima, Japan - April 2, 2018: Walking pilgrim at the entrance to Jizoji, temple number 5 on Shikoku pilgrimage
Pellegrino che cammina all’ingresso di Jizoji, tempio numero 5 del pellegrinaggio dello Shikoku

Ogni tempio ha il suo carattere, il suo paesaggio, la sua storia. Alcuni si trovano in piena città, altri in boschi remoti o in cima alle montagne. All’arrivo, il pellegrino può offrire incenso, pregare e chiedere che gli venga timbrato il nōkyō-chō, un quaderno speciale in cui vengono registrate le visite con una calligrafia artistica.

L’abbigliamento tradizionale comprende una tunica bianca, un cappello conico di paglia e un bastone che rappresenta la presenza di Kūkai. Sul bastone è scritto dōgyō ninin, “due che camminano insieme”: il pellegrino non è solo, cammina accompagnato dallo spirito del maestro.

Quasi tutto nell’Henro si svolge in silenzio. Si cammina attraverso montagne ricoperte di cedri, lungo strade rurali fiancheggiate da risaie, su sentieri che profumano di terra bagnata e incenso. Il tratto più difficile, nella prefettura di Kōchi, è noto come la “terra del diavolo”: lunghe distanze tra i templi, caldo umido, poche locande. Molti abbandonano lì.

Chi lo completa di solito percorre 1.200 km, a una velocità di 20-30 km al giorno, portando con sé poco più di un quaderno, acqua e il bastone del Daishi. Alcuni lo fanno in bicicletta o in autobus. Ma percorrerlo tutto a piedi, passo dopo passo, è tutta un’altra cosa. È un altro cammino.

Non è raro che chi completa gli 88 templi decida di camminare ancora un po’ per tornare al tempio 1. Chiudere il cerchio. Altri prolungano il viaggio fino al monte Kōya, dove è sepolto Kūkai. Non come meta finale, ma come gesto di ringraziamento.

Vuoi fare lo Shikoku Henro?

Non è necessario essere buddisti né avere esperienza precedente di pellegrinaggi. Basta solo voglia di camminare, osservare, ascoltare ciò che il cammino ti dice.

Informazioni di base:
Distanza totale: ~1.200 km
Durata stimata a piedi: 6-8 settimane
Periodi consigliati: primavera (aprile-maggio) e autunno (ottobre-novembre)
Come muoversi: a piedi, in bicicletta, con i mezzi pubblici o con tour organizzati
Dove dormire: pensioni familiari (minshuku), templi (shukubō), hotel locali, rifugi gratuiti
Lingua: nella maggior parte delle zone si parla giapponese; ci sono cartelli in inglese e guide disponibili
Cosa portare: scarpe comode, protezione solare, bastone, zaino leggero, quaderno per i timbri (nōkyō-chō)

Il percorso è ben segnalato. Esistono app mobili, mappe e associazioni che possono aiutarti a pianificare il viaggio. Ma la cosa più importante non si può pianificare: ciò che si scopre camminando.

Un viaggio che inizia dentro

Lo Shikoku Henro non è una moda. Né un percorso riservato ai credenti. È un percorso di fondo. Un’esperienza che trasforma senza grandi discorsi, senza rumore, senza spettacolo.

Si tratta di camminare con il minimo indispensabile. Ascoltare senza giudicare. Ricevere senza aspettarsi nulla. E tornare al punto di partenza, fisico o interiore, con qualcosa di diverso. Non una risposta, ma uno sguardo nuovo.

Come ha detto un pellegrino giapponese al suo arrivo al tempio 88:

“Non ho trovato quello che cercavo. Ma ho trovato qualcosa di meglio: la capacità di continuare a cercare”.

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