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Dōgen e la formazione dello Zen giapponese: un viaggio di tradizioni tramandate

I monaci buddisti zen si stanno recando alla cerimonia in un tempio a Kyoto, in Giappone Serkant Hekimci - Shutterstock
I monaci buddisti zen si stanno recando alla cerimonia in un tempio a Kyoto, in Giappone Serkant Hekimci - Shutterstock

La figura di Dōgen Kigen (1200-1253 d.C.) occupa un posto fondamentale nello sviluppo del buddismo giapponese. Sebbene spesso indicato come il fondatore dello Zen giapponese, questa definizione semplifica sia la sua posizione nella più ampia tradizione buddista, sia la complessa e lunga storia della trasmissione del buddismo in Asia.

Piuttosto che fondare il buddismo giapponese stesso, la cui presenza risale a diversi secoli prima del suo tempo, Dōgen ne ridefinì la pratica in Giappone attraverso la fondazione della scuola Zen Sōtō. Il suo approccio fu plasmato da una rigorosa esperienza personale, da una profonda ricerca filosofica e da un ritorno a ciò che egli considerava il nucleo dell’insegnamento del Buddha.

La vita e l’eredità di Dōgen

Dōgen Kigen, a portrait by unknown artist, 1253
Dōgen Kigen, ritratto di artista sconosciuto, 1253

Dōgen nacque in una famiglia aristocratica a Kyoto nel 1200 d.C., durante un periodo di instabilità politica e transizione culturale in Giappone. Rimasto orfano in tenera età, entrò nella vita monastica sul Monte Hiei, centro della potente scuola Tendai. Insoddisfatto di ciò che considerava un eccesso di dottrina e un compromesso istituzionale, Dōgen partì alla ricerca di un’espressione più autentica della pratica buddista.

Nel 1223 d.C. viaggiò in Cina durante la dinastia Song con il suo maestro Myōzen, alla ricerca del vero Dharma. Lì incontrò Rujing (1163-1228), un maestro del lignaggio Caodong (Sōtō in giapponese). Rujing enfatizzava lo shikantaza, “semplicemente sedersi”, una forma di meditazione incentrata sulla consapevolezza silenziosa e non dualistica, senza oggetti o obiettivi. Per Dōgen questo segnò una svolta. Dopo aver ricevuto la trasmissione da Rujing, tornò in Giappone nel 1227 d.C.

Al suo ritorno, Dōgen iniziò a insegnare una forma diversa di Zen che riduceva l’importanza dei rituali e dello scolasticismo, promuovendo invece la meditazione seduta diretta come nucleo del risveglio. La sua scuola sarebbe diventata nota come Zen Sōtō. Nel suo capolavoro Shōbōgenzō (Tesoro dell’occhio del vero Dharma), una raccolta di saggi e discorsi, Dōgen articolò un’interpretazione radicale del tempo, del sé e dell’illuminazione, fondata sulla realizzazione pratica: l’idea che lo zazen (meditazione seduta) non è un mezzo per raggiungere l’illuminazione, ma la sua diretta realizzazione.

Le caratteristiche distintive dello Zen di Dōgen

Ciò che distingue il buddismo di Dōgen è il suo impegno filosofico verso l’unità della pratica e del risveglio. Per Dōgen, l’illuminazione non è un obiettivo raggiunto dopo anni di sforzi spirituali. Al contrario, l’atto stesso di sedersi in meditazione, quando eseguito con totale attenzione, è la piena espressione della natura di Buddha.

Questa visione contrasta con altre scuole buddiste, in particolare con le tradizioni Tendai e Shingon in Giappone, che integravano rituali complessi, mandala, pratiche esoteriche e commenti scolastici. Si differenziava anche dallo Zen Rinzai, un’altra forma di Zen giapponese sviluppatasi contemporaneamente, che poneva maggiore enfasi sullo studio dei kōan (casi enigmatici), sull’intuizione improvvisa e spesso su incontri drammatici con i maestri.

Lo Zen Sōtō sotto Dōgen rimase austero, enfatizzando la disciplina silenziosa, la rigorosa etica monastica e l’ordinarietà del risveglio. La sua insistenza sul fatto che le attività quotidiane – cucinare, pulire, camminare – potessero essere arene per il risveglio se intraprese con piena consapevolezza influenzò profondamente la cultura monastica giapponese.

Da Lumbini a Eiheiji: la trasmissione del buddhismo in Giappone

Il percorso del buddismo dalle sue origini nell’Asia meridionale al Giappone abbraccia secoli e culture. Secondo i racconti tradizionali, Siddhartha Gautama, il Buddha storico, nacque a Lumbini (l’odierno Nepal) intorno al V secolo a.C. I suoi insegnamenti si diffusero in tutta l’India e furono istituzionalizzati sotto l’imperatore Maurya Ashoka nel III secolo a.C.

Dall’India, il buddismo si spostò verso nord lungo le rotte commerciali e di pellegrinaggio fino all’Asia centrale, raggiungendo la Cina attraverso la Via della Seta intorno al I secolo d.C. Nel corso del tempo, si adattò ai sistemi di pensiero cinesi, in particolare al taoismo e al confucianesimo, dando origine a scuole come Tiantai, Huayan e Chan (Zen).

Il buddismo Zen, un ramo del Chan che enfatizza la meditazione e la trasmissione diretta al di fuori dei testi, si sviluppò durante le dinastie Tang e Song. Fu da questo ambiente cinese che Dōgen trasse ispirazione. I monaci buddisti giapponesi viaggiavano in Cina da secoli, ma il viaggio di Dōgen nella Cina dei Song fu particolarmente trasformativo, poiché importò non solo testi o pratiche rituali, ma un intero ethos di pratica.

Il buddismo arrivò ufficialmente in Giappone nel VI secolo d.C., tradizionalmente datato al 552 d.C., attraverso scambi diplomatici con il regno coreano di Baekje. Inizialmente patrocinato dalla famiglia imperiale, si adattò gradualmente alle usanze religiose locali, coesistendo con le credenze native dei kami in un processo successivamente denominato shinbutsu shūgō (sincretismo dei kami e dei Buddha).

Luoghi di pellegrinaggio associati a Dōgen

Eiheiji Temple, Fukui Prefecture
Tempio Eiheiji, Prefettura di Fukui

Sebbene Dōgen viaggiò molto e insegnò in diversi luoghi, il principale luogo di pellegrinaggio associato alla sua eredità è Eiheiji, o “Tempio della Pace Eterna”, situato nell’attuale prefettura di Fukui. Fondato da Dōgen nel 1244 d.C., Eiheiji divenne la sede della scuola Sōtō e rimane ancora oggi un monastero di formazione attivo. Situato in una valle boscosa, il complesso del tempio segue l’estetica di Dōgen, caratterizzata da una semplice tranquillità e dal rigore monastico. I visitatori possono osservare i rituali quotidiani e, in alcuni casi, partecipare a programmi di formazione di breve durata.

Un altro sito importante è il Kenninji a Kyoto, uno dei più antichi templi zen del Giappone. Sebbene non sia stato fondato dallo stesso Dōgen, è qui che egli iniziò a insegnare dopo il suo ritorno dalla Cina e che servì da base per la sua prima diffusione della pratica Sōtō.

Il monte Hiei, sebbene più strettamente associato alla tradizione Tendai, è anch’esso rilevante per la vita di Dōgen in quanto luogo della sua formazione iniziale e della sua definitiva disillusione. I pellegrini che ripercorrono la sua evoluzione intellettuale visitano spesso questa montagna per comprendere l’ambiente religioso che egli cercava di riformare.

L’importanza di Dōgen nella storia religiosa giapponese non deriva dalla fondazione del buddismo in Giappone, ma dalla ridefinizione del suo nucleo filosofico e pratico all’interno della tradizione Zen Sōtō. La sua insistenza sulla pratica diretta, la rigorosa attenzione al presente e l’inseparabilità della vita quotidiana dal risveglio hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura monastica giapponese e nella percezione globale dello Zen. Come figura di pellegrino, Dōgen rappresenta la ricerca non di una conoscenza esotica, ma della chiarezza nel familiare: un viaggio interiore compiuto in silenzio, nella posizione seduta, nel respiro.

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